Tra le parole Andrà, Tutto e Bene
Il cartello affisso al portone del mio palazzo da un realista anonimo. |
Detta, scritta, illustrata, "Andrà tutto bene" è e sarà, insieme a "Io resto a casa", la frase chiave di questo periodo storico. Un mantra di inequivocabile positività. Eppure, per me, è in qualche misura perturbante. Le parole che la compongono, infatti, me ne fanno venire in mente altre alle quali mi sforzo di non pensare. Termini che sollevano altrettanti interrogativi.
Innanzitutto, quel verbo “andare”, coniugato al futuro, evoca una prima domanda: quando? Quand'è che andrà tutto bene? Nessuno lo sa, a cominciare dagli esperti, che continuano a ribadire l'impossibilità di fare previsioni.
E poi, per chi? Per chi andrà tutto bene? Per alcuni, comunque troppi, le cose, semplicemente, non andranno più, non saranno più. E poi ci sarà chi subirà un lutto, chi perderà il lavoro, chi non potrà riaprire la propria attività. Difficile dire che per loro le cose saranno andate bene.
E a proposito di quel “tutto”, se è vero che nulla sarà più come prima, allora di certo qualcosa non sarà più lo stesso, ed è piuttosto probabile che sia diverso in peggio.
E ancora, come? Come andrà tutto bene? A questa domanda cercano affannosamente di rispondere scienziati, politici, medici, economisti. Al momento, con scarsi risultati.
E infine, perché? Perché andrà tutto bene? Lo chiede ogni giorno Tiziana Panella, conduttrice di Tagadà, ai suoi ospiti, in chiusura di trasmissione, ricevendo, il più delle volte, risposte evasive o retoriche; anche da commentatori di solito acuti e brillanti.
Insomma, trovo che il potenziale benaugurante della formula “Andrà tutto bene” sia limitato da un non detto che però dice molto, e dice molto proprio delle nostre incertezze, delle nostre paure, delle nostre fragilità. Ma se le parole sono importanti sempre, lo sono ancora di più quando c'è da lottare per una causa comune, ed è bene che siano quelle giuste. Dunque, ora che sentiamo il bisogno di trovare una frase che ci abbracci tutti, ci stringa forte e ci dia forza, propongo di fare nostre le parole che avvolgono – letteralmente – i pacchi di forniture mediche provenienti dalla Cina; parole che ci appartengono, che ci rappresentano, che ci spronano, senza però edulcorare i tempi bui che stiamo vivendo; le parole, celebri ma calzanti, della Turandot di Puccini: "Dilegua, oh notte, all'alba vincerò!".
Innanzitutto, quel verbo “andare”, coniugato al futuro, evoca una prima domanda: quando? Quand'è che andrà tutto bene? Nessuno lo sa, a cominciare dagli esperti, che continuano a ribadire l'impossibilità di fare previsioni.
E poi, per chi? Per chi andrà tutto bene? Per alcuni, comunque troppi, le cose, semplicemente, non andranno più, non saranno più. E poi ci sarà chi subirà un lutto, chi perderà il lavoro, chi non potrà riaprire la propria attività. Difficile dire che per loro le cose saranno andate bene.
E a proposito di quel “tutto”, se è vero che nulla sarà più come prima, allora di certo qualcosa non sarà più lo stesso, ed è piuttosto probabile che sia diverso in peggio.
E ancora, come? Come andrà tutto bene? A questa domanda cercano affannosamente di rispondere scienziati, politici, medici, economisti. Al momento, con scarsi risultati.
E infine, perché? Perché andrà tutto bene? Lo chiede ogni giorno Tiziana Panella, conduttrice di Tagadà, ai suoi ospiti, in chiusura di trasmissione, ricevendo, il più delle volte, risposte evasive o retoriche; anche da commentatori di solito acuti e brillanti.
Insomma, trovo che il potenziale benaugurante della formula “Andrà tutto bene” sia limitato da un non detto che però dice molto, e dice molto proprio delle nostre incertezze, delle nostre paure, delle nostre fragilità. Ma se le parole sono importanti sempre, lo sono ancora di più quando c'è da lottare per una causa comune, ed è bene che siano quelle giuste. Dunque, ora che sentiamo il bisogno di trovare una frase che ci abbracci tutti, ci stringa forte e ci dia forza, propongo di fare nostre le parole che avvolgono – letteralmente – i pacchi di forniture mediche provenienti dalla Cina; parole che ci appartengono, che ci rappresentano, che ci spronano, senza però edulcorare i tempi bui che stiamo vivendo; le parole, celebri ma calzanti, della Turandot di Puccini: "Dilegua, oh notte, all'alba vincerò!".